"Salifiziu" (lo scorpione)


Per la verità non era quello il suo vero nome e neanche il soprannome. Anche se molta affinità esisteva tra il suo carattere e la natura di questo piccolo animale. Occhi scavati su un viso magro e olivastro, quello che si lasciava intravedere tra la visiera e il cinturino lucido stretto attorno al mento. Era della vecchia generazione e faceva il carabiniere. 
Prestava servizio nella caserma del mio paese, ma dall'accento si notava che era originario di un'altra provincia. Non c'è bisogno di sottolineare quanto poco fosse di bell'aspetto, ma neanche le sue maniere erano poi così accattivanti. Definirlo burbero non era forse abbastanza, era la classica figura del gendarme che a prima vista ti impietriva col solo sguardo. 
Sarà stato perché all'epoca ero un ragazzo e prendevo tutto alla leggera, o forse perché si intuiva che dietro quell'aspetto minaccioso non si nascondeva affatto questo temibile sbirro velenoso quale voleva apparire, fatto sta che non riuscivo a provare terrore alla sua vista, direi invece che lo trovavo addirittura un tantino buffo. 


Risiedeva in un altro paese a circa dieci chilometri e per spostarsi si serviva abitualmente dell'autostop. Molti si fermavano per portarlo ed anch'io, lavorando da quelle parti, tutte le volte che lo incontravo, quando andava a montare per il turno di notte, spesso all'imbrunire tornando dal lavoro, mi fermavo, lo salutavo e lo facevo salire sulla mia "500". 
Diciamo che era quasi un'abitudine scarrozzarlo, quando mi capitava, per me era solo un piccolo favore che gli facevo, che non costava nulla. Durante il tragitto parlava pochissimo, a parte qualche imprecazione contro i maleducati della strada. Probabilmente trovava strano questo mio modo disinteressato, e magari anche il fatto che dimenticassi per un attimo il suo ruolo marziale, trattandolo semplicemente come una persona comune, come un semplice conoscente. 

Ancora adesso però non so spiegarmi con esattezza il motivo, per cui puntualmente, ogni volta che lo accompagnavo a destinazione, scendendo dalla macchinina, provasse a tenermi un po' sulle spine. Faceva una vero e proprio giro di ispezione intorno alla vettura, per esaminare se vi fosse magari qualche irregolarità: una gomma appena usurata, o qualche fanalino non funzionante. Se trovava qualcosa che non andava, me lo faceva notare, raccomandandomi di provvedere, facendomi capire che in quel momento lui lasciava correre, ma teoricamente sarei stato passibile di multa. 


Forse era solo un modo per mantenere le distanze o per sottolineare il suo ruolo professionale, magari lo diceva solo come consiglio paternale, o chissà, forse era un modo come un altro per far pesare la sua autorità, o addirittura una maniera per provare in qualche modo a pareggiare i conti, come per far passare il messaggio, "tu mi hai fatto un piccolo favore? ebbene io non ti devo niente, perché in fondo non saresti in regola e grazie a me ti sei risparmiato un verbale!". Io lo rassicuravo promettendogli che al più presto avrei provveduto a sistemare ciò che era fuori regola e lo salutavo con la stessa gentilezza di quando l'avevo fatto salire. In quel preciso momento, sfoderando questa sua particolare attitudine, inaspettata e insidiosa, mi faceva pensare tanto alla natura dello scorpione. 


Passavano i giorni e non sempre incontravo al solito posto il carabiniere all'imbrunire, facevo la mia spola con la mia macchinina mattina e sera, trasgredendo per la fretta di tanto in tanto qualche regola del codice stradale. Come quella volta, quando stavo per giungere a casa e un furgone che procedeva davanti a me non voleva proprio muoversi. Era un tratto rettilineo, con striscia continua e in leggera discesa. La visibilità era ottima, non arrivava nessuno in senso contrario, la tentazione fu forte e ho azzardato un sorpasso. 


Poco più avanti, alla mia sinistra c'era però la caserma del mio paese e appostati in modo da non essere visibili, due carabinieri che alzando la paletta mi intimarono l'alt. Di fronte a un evidente stato di colpevolezza non è proprio il caso di fare obiezioni, bisogna solo ammettere il torto, per non peggiorare la situazione. Uno dei due in divisa era proprio lui, il carabiniere autostoppista. Provai a giustificarmi, pur ammettendo l'infrazione appena commessa, dicendo che in fondo c'era un'ottima visibilità e avendo osservato molto attentamente, comunque non avrei creato con la mia manovra alcun pericolo per me o per gli altri utenti della strada. Ebbi l'istinto per un attimo di giocarmi un'infelice battuta del tipo "... non ho visto però che c'eravate voi!" Ma ci rinunciai, rendendomi conto che avrei solo peggiorato la situazione. 


"Salifiziu", avendomi riconosciuto, a un certo punto ammorbidì i toni incisivi del collega più giovane, convinto di dovermi multare, invece lui dimostrò così la sua amicizia, convincendolo a desistere dall'intenzione di rilevare il verbale. Furono queste le sue parole con cui mi ha scagionato, nella sua inflessione messinese: "Lassamulu annari, và, ca è un bravu fighiolu!" (dai, lasciamolo andare, perché è un bravo ragazzo!) 



- Torna indietro