Countdown

 

Comunque avrei voluto esserci, sicuramente non sarei l'unico a desiderare una cosa del genere. Ma si dai certo che ero presente, anzi per la precisione  ero io al centro della questione, il fatto è che quei momenti purtroppo, non si memorizzano come un'esperienza vissuta, ma ci vengono  sempre raccontati approssimativamente  da altri, invece mi sarebbe piaciuto  essere un po' più partecipe, più consapevole di tutto ciò che succedeva e che mi stava per accadere.

 

So che aveva predisposto tutto mia madre. Si sa che le mamme in casa attrezzano un po' tutto loro e bisogna dare atto di queste loro abilità, di quanto impegno e fatica spendano, per approntare ogni cosa con cura e dedizione. Poi è anche vero, che mentre si accingono a preparare per esempio qualcosa di speciale, rimangono spesso sul misterioso, per cui è completamente inutile stare a fare delle domande, loro son capaci di risponderti per mille volte con frasi evasive dl tipo: "E' una sorpresa!" A esser sincero, non è che l'avessi presa tanto bene questa sua iniziativa sul mio conto e soprattutto a mia completa insaputa, che mi avrebbe catapultato così all'improvviso in una realtà molto  più grande di me, dalla quale non sapevo cosa aspettarmi e ancor meno sarei stato in grado di capire che cosa essa si aspettasse da me. Avrei voluto esprimere almeno un parere e visto che la cosa mi riguardava così da vicino, come minimo avrei preteso delle spiegazioni.

 

Forse perché a quei tempi il parere dei bambini non contava molto, o forse perché la nostra comunicazione telepatica non funzionava sempre benissimo, tutte le volte che cercavo di porle domande in merito a quella sua scelta, lei se ne usciva sempre con  la  solita risposta: "Per amore, soltanto per amore..." Non capivo molto il significato, però mi rendevo conto perfettamente che  non ero neanche nato e già dovevo accettare tutto come un dato di fatto, senza poter cambiare neanche una virgola. Da come era diventata dinamica e creativa in quel periodo, si capiva quanto la appassionasse l'opera che si accingeva a compiere,  da metterci corpo e anima. Con disinvoltura malgrado il pancione svolgeva  le faccende domestiche, spostandosi da una punta all'altra della casa, era davvero instancabile, lavorava cantando sempre qualcosa. Quella era forse l'unica occasione che avevo per sentire la sua voce squillante e pulita. A volte tornando dal lavoro, mio padre poggiava le sue mani per sentire i calci e da ciò capivo che anche lui era contento, non c'erano dubbi: secondo me si erano messi d'accordo per farmi quella sorpresa.



Dopo una giornata  impegnativa soltanto la sera con una piccola luce accesa, restava sveglia ancora un po', dopo che papà e il mio fratellino erano andati a letto, lei si fermava a cucire il corredino, o a ricamarci su qualcosa. Capivo quando ormai era stanca e forse le si chiudevano anche gli occhi, a quel punto il telaio che prima stava appoggiato sulle sue ginocchia, le scivolava, lo sentivo che si adagiava sulla pancia. Allora riponeva tutto e andava a dormire. E' chiaro che le situazioni tranquille possono precipitare da un momento all'altro e una mattina, una sorta di terremoto cominciò a scuotere lei e me, ero spaventato. Doveva essere una specie di preavviso, un segno che quel piccolo paradiso in cui mi trovavo forse stava per finire, perché si dice che le cose belle non durano mai a lungo. Mio padre si affrettò a chiamare la levatrice, che precipitandosi visitò mia madre. Non apprezzai molto quella persona dall'accento volgare e che parlava di ogni cosa a ruota libera e ininterrottamente, mentre dava le sue istruzioni sul da farsi. Mi stava proprio antipatica questa estranea che si intrometteva nelle nostre faccende private, così pur di mandarla via, cercai di "nascondermi" facendo battere il mio cuoricino più piano possibile.

 

Pensai, forse ingenuamente, se è venuta per me e non mi sente, crederà che non ci sono e se ne tornerà a casa sua. L'esperimento funzionò benissimo, se non che scatenò un altro preoccupante allarme, per via di questo piccolo cuore dal battito flebile e indeciso. Corsa in macchina all'ospedale. Quel luogo ricordo,  mi intrigò moltissimo, non so perché, forse per la tranquillità che si percepiva, sembrava che ogni cosa fosse fatta apposta, cioè  per quel preciso scopo e poi non ero io l'unico  sulla linea di arrivo. Pensai tra me e me, questo posto mi piace proprio, è quì che voglio venire alla luce. Per un bambino che si accinge a fare un'esperienza, non c'è niente di più rassicurante del trovarsi a compierla insieme ad altri compagnetti, li non ne mancavano proprio, da quelli "prima" a quelli "dopo" il traguardo.

 

Poi c'era una cosa che mi incantò fin dall'inizio, forse più d'ogni altra attrattiva: Era la musica. Una musica che prima di allora non avevo mai ascoltato, forse perché a casa mia a quei tempi non c'era neanche la radio. Inizialmente pensai nella mia semplicità, che quell'accoglienza la avessero riservata proprio a me. Che gentili! Un po' più tardi seppi invece che le note erano  dedicate per uno molto importante che sarebbe nato il 25 Dicembre, due giorni dopo,  da li ho iniziato a capire che a questo mondo o sei uno che conta o non sei nessuno. Se mi avessero spiegato prima, magari con un corso preparatorio, a cosa si va incontro quando si nasce, sono sicuro che non  li avrei mai creduti.

 

Impensabile con quale terribile tumulto si possa  passare da una realtà acquatica a un'altra dimensione aerea. Infatti quando arrivò il momento, tutti gli eventi precipitarono rapidamente, per un attimo pensai alla fine del mondo, l'abitacolo in cui prima nuotavo, d'improvviso si svuotò e lo spazio che mi circondava diventò angusto e opprimente, intuivo che bisognava abbandonare subito quel posto, ma non capivo in che modo. Mia madre si lamentava e gridava come non l'avevo mai sentita prima di allora, la cosa mi terrorizzava ulteriormente, capivo che il mio destino era legato al suo, pensai che  quella ormai fosse  la fine. Conoscevo benissimo il mio rifugio ed ero più che sicuro che di uscite non ne esistevano assolutamente, curioso come ero, me ne sarei  accorto già da tempo! Ma mentre ragionavo ancora in questi termini, mi rendevo conto di scivolare in un tubo, sempre più in basso. E se fosse stata quella l'uscita?

 

Mi sentivo quasi soffocare, ero  schiacciato da tutte le parti, anzi maggiormente verso una direzione, come un semino di pomodoro venivo spinto e schizzavo sempre più giù,  non vedevo l'ora di arrivare alla fine di quel tunnel! Già intravedevo la luce oltre la mia testa, allora capii che il traguardo non doveva essere lontano, ma ero anche molto stremato, il cordone tutto stropicciato non mi mandava più tanto ossigeno,  meno male che ero abituato alle apnee, vero pure che in quella situazione potevo rischiare  di soffocare. Poi d'un tratto, forse grazie a una spinta più vigorosa di mia madre, come una pallina che scivola fuori dal calzino la mia testa sbucò fuori dal tunnel e per la prima volta mi affacciai su questo mondo. Uuuuuu quanto spazio e che luce abbagliante! La fatica era quasi compiuta ma non c'era tempo da perdere, bisognava ancora uscire con tutto il corpicino ed iniziare subito a respirare.

 

I medici erano tutti li, tutti pronti a farmi compiere ancora l'ultimo sforzo col necessario tempismo, senza troppi preamboli mi hanno afferrato per i piedi, sospeso a testa in giù e sculacciato. Ma guarda che accoglienza! dopo uno stress di quel genere da rimanerci secco, arrivano questi senza neanche conoscermi e mi picchiano pure, che brutte maniere! 

 

Sbottare in un pianto disperato fu la cosa più naturale, non l'avevo mai fatto prima ed era una sensazione nuova, liberatoria, i miei piccoli polmoni come due mantici spingevano il fiato e assieme al pianto coi lacrimoni caldi, qualcosa di ancora più straordinario mi stava succedendo: potevo sentire la mia voce e inoltre io respiravo e facevo tutto da solo, proprio così, era quella la grande novità, potevo anche sentire l'odore di ogni cosa, evviva, ce l'avevo fatta! 

 

Ripulito con cura e messo in ordine, mi trovai in uno stanzone  grande tra altri concorrenti che avevano raggiunto il traguardo. Stavo su di un letto in braccio a mia madre che malgrado la fatica non smetteva  di guardarmi e sorridere, oltre ai miei familiari anche i parenti tutti stretti intorno a me  formavano  un capannello, erano li a dimostrarmi il loro affetto. Ora non scendevano più lacrime ma un grande senso di pace, ritornarono in mente quelle parole che prima mi risultavano  incomprensibili, adesso cominciavo ad afferrarne meglio il senso e mi piaceva rievocarne il suono: "Per amore, soltanto per amore..."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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